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FLAT TAX INCREMENTALE, COSÌ GLI AUTONOMI RISPARMIANO IL 66%

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La flat tax del 15% sugli incrementi di reddito – nei casi più favorevoli – ridurrà a un terzo il peso delle imposte sulle maggiori somme dichiarate dagli autonomi. Qualche esempio può chiarire meglio chi ci guadagnerà con il nuovo tributo previsto per il 2023 dal disegno di legge di Bilancio.

Prendiamo un ingegnere il cui reddito più alto tra il 2020 e il 2022 è 70mila euro. Se l’anno prossimo sale a 100mila euro, sull’aumento di 30mila pagherà 3.795 euro di imposta sostitutiva, anziché 11.933 euro di Irpef e addizionali (comunale e regionale). Con un risparmio del 66,7 per cento. Un tecnico informatico che vede passare il suo reddito da 18mila a 28mila euro, sui 10mila aggiuntivi pagherà 1.365 euro anziché 2.460. Che corrispondono a un risparmio del 44,5 per cento.

Le differenze dipendono dal meccanismo della nuova flat tax. L’aliquota del 15% si applica sull’incremento reddituale decurtato di una somma cuscinetto, pari al 5% del reddito di partenza. Nei due esempi appena visti, per l’ingegnere il cuscinetto è di 3.500 euro (il 5% di 70mila); per il tecnico informatico è di 900 euro (il 5% di 18mila). Siccome su questo cuscinetto si continua a pagare la tassazione ordinaria Irpef, è evidente che – a parità di incremento reddituale – chi parte da una base più bassa ha un maggior risparmio fiscale. Mentre chi ha redditi di partenza molto alti e incrementi modesti potrebbe vedere la flat tax vanificata da questo 5% che, di fatto, si mangia tutto l’imponibile.

Esaminiamo il caso di un avvocato d’affari, il cui reddito passa da 320mila a 350mila euro: l’aumento è identico a quello registrato dall’ingegnere appena descritto (30mila euro) e anche il risparmio rispetto alla tassazione ordinaria (66,7%). Tuttavia, a causa della decurtazione del 5%, l’ingegnere si trova ad avere un risparmio d’imposta di 7.958 euro; l’avvocato di 4.204 euro. Questo perché nel primo caso il 5% escluso dalla flat tax vale, come detto, 3.500 euro; nel secondo 16mila. Incrementi fino a 40mila euro La nuova flat tax si potrà applicare su un incremento reddituale massimo di 40mila euro. Perciò, il risparmio è al top per chi – partendo da una base non troppo alta – fa grandi salti di reddito. Come un consulente aziendale che balza da 80mila a 200mila euro: per lui il risparmio è di 10.811 euro (di fatto, 900 euro al mese).
L’altro elemento determinante è l’incidenza delle aliquote Irpef: è chiaro che chi ha redditi tassati al 43% avrà risparmi maggiori di chi versa il 23%, a parità di tutte le altre variabili. E un certo peso ce l’hanno anche le addizionali locali, soprattutto la regionale (negli esempi è all’1,23%, come in Veneto, ma in molte regioni è al 3,33% per i redditi più alti).

Spinta a fatturare Nelle intenzioni del governo, la flat tax incrementale genera «un meccanismo incentivante a favore di chi crea ricchezza», come aveva spiegato già in campagna elettorale il viceministro del Mef, Maurizio Leo. Una sorta di spinta a fatturare, che ci si aspetta abbia effetti positivi – sia pure indiretti – anche in ottica antievasione. Per prevenire abusi, l’incremento nel 2023 è calcolato sul reddito più alto dichiarato nel triennio 2020-22. Il periodo di osservazione, però, è a dir poco anomalo: per la maggior parte dei contribuenti, il reddito del 2020 sarà fuori dal confronto, in quanto affossato dalla pandemia; la partita si giocherà, piuttosto, con il 2021 (il cui termine dichiarativo si è appena chiuso) o con il 2022 (che non è ancora finito). Proprio per questo c’è chi ha paventato il rischio che alcune fatture possano essere spostate ad arte dalla fine del 2022 all’inizio del 2023. Che il periodo di confronto sia anomalo lo dimostra anche il fatto che la relazione tecnica, per fare una stima affidabile, si sia basata sui dati dell’anno d’imposta 2019 (quelli del 2021 non sono ancora disponibili).

La previsione è che dalla flat tax incrementale possano arrivare 478,7 milioni di euro, anziché 1,19 miliardi di Irpef e addizionali (costo per l’Erario: 810,3 milioni). L’identikit dei beneficiari La nuova sostitutiva al momento è prevista solo per il 2023 e solo per le «persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni». Si era ipotizzato di applicarla anche ai dipendenti, ma sono mancate le coperture finanziarie. L’imposta non vale per i contribuenti che applicano l’altra flat tax delle partite Iva, cioè il regime forfettario. Per questa ragione, l’identikit degli interessati fa subito pensare agli autonomi e ai professionisti con più di 65mila euro di ricavi o compensi; anzi, più di 85mila, visto che la manovra alza la soglia d’accesso al regime forfettario. Ma potrebbero esserci anche contribuenti “sotto soglia” che non applicano il forfait perché hanno qualche causa di esclusione (ad esempio, oltre 20mila euro di costo per i dipendenti) o per scarsa convenienza (tipicamente, spese superiori alla deduzione forfettaria). Secondo le dichiarazioni presentate nel 2021, fuori dal forfait ci sono quasi 975mila persone fisiche con un volume d’affari a fini Iva inferiore a 65mila euro. Tutti potenziali candidati alla flat tax incrementale.

Così come i 542mila contribuenti con un volume d’affari oltre gli 85mila euro, che non potranno entrare nel forfettario neppure dopo l’innalzamento del limite. Ma che ora possono sperare in un risparmio d’imposta.

( Articolo di DARIO AQUARO su Il Sole24 Ore del 05/12/22)

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