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Società semplici, il bonus per investimenti inutilizzato è trasferibile ai soci

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Il credito di imposta generato dagli investimenti in beni strumentali ordinari, 4.0, materiali o immateriali e non, utilizzato da una società semplice può essere trasferito in capo ai soci.

Ciò in quanto l’attribuzione ai soci del credito maturato in capo alla società non configura un’ipotesi di cessione del credito d’ imposta, ma ne costituisce una particolare forma di utilizzo.

È quanto si legge nella risposta n. 817/2021 del 16 dicembre 2001, con cui l’Agenzia delle entrate ha espresso parere favorevole al trasferimento del credito d’ imposta maturato da una società semplice (artt. 2251-2290 c.c.), ovvero dalla «madre» di tutte le società di persone di cui al libro V, del titolo V del codice civile.

Secondo le Entrate, il credito d’imposta maturato dalla società semplice (in questo caso agricola), in relazione agli investimenti in beni strumentali nuovi di cui all’ art. 1, commi 184-197 della legge di bilancio 220 (n. 160/2019) va indicato nella dichiarazione dei redditi dei singoli soci, per poterlo compensare con imposte personali, contributi previdenziali personali e con tutti i contributi collegati alla medesima posizione previdenziale (coadiuvanti).

Va ricordato che il credito d’imposta si applica a tutti i soggetti titolari di reddito d’ impresa, comprese le società di persone, indipendentemente dalla natura giuridica, dalla dimensione aziendale, dal settore economico, nonché dal regime contabile adottato, purché si effettuino investimenti destinati a strutture produttive ubicate in Italia.

Possono beneficiare del bonus anche gli enti non commerciali, con riferimento all’attività commerciale eventualmente esercitata.

La trasferibilità del credito d’imposta. Per quanto riguarda la trasferibilità dei crediti d’imposta delle società di persone ai soci, occorre fare iferimento alla risoluzione n. 163/E del 31 luglio 2003, che attribuisce valenza generale ai principi espressi nelle risoluzioni n. 120/E del 18 aprile 2002 e n. 286/E del 22 agosto 2002, riguardanti i crediti d’imposta per gli incrementi occupazionali e per gli investimenti nelle aree svantaggiate, previsti dagli articoli 7 e 8 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.


In particolare, la risoluzione n.163/E/2003 ha chiarito che l’attribuzione ai soci del credito maturato in capo alla società non configura un’ipotesi di cessione del credito d’ imposta, ma ne costituisce una particolare forma di utilizzo.


I soci potranno utilizzare la quota di credito loro assegnata solo dopo averla acquisita nella propria dichiarazione.


Il riporto del credito inutilizzato.

L’Agenzia delle entrate il 28 gennaio 2021, in sede di risposte fornite in occasione di un incontro con la stampa specializzata, ha inoltre affermato la possibilità, in caso di incapienza dell’ utilizzo nell’ anno di riferimento, di riporto della quota non utilizzata del credito d’ imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi all’ anno seguente, come peraltro previsto dalla circolare 5/E del 19 febbraio 2015 in merito al credito d’ imposta di cui all’articolo 18 del decreto-legge n. 91/2014.

L’Unico dei soci.

Conformemente alle disposizioni della predetta circolare, l’Agenzia delle entrate ritiene pertanto che la società semplice (o di persone) possa trasferire ai soci il credito maturato e non utilizzato, indicandolo nel quadro RU, assegnandolo ai soci nella stessa proporzione prevista dall’ art. 5 del Tuir e cioè, di regola, in ragione della quota di partecipazione agli utili spettante a ciascun socio partecipante al sodalizio.

I soci riceventi potranno utilizzare il credito in compensazione (art. 17, del decreto legislativo n. 241/1997) con le proprie imposte e i propri contributi previdenziali.

La quota unica.

Nell’ambito della risposta n. 817/2021, l’Agenzia delle entrate si sofferma su un altro aspetto, precisando che l’utilizzo in un’unica quota annuale rappresenta la modalità ordinaria di utilizzo del credito d’imposta in deroga alla regola prevista al comma 1059 del citato art. 1. Tuttavia l’ammontare non fruito potrà essere utilizzato nel corso dei periodi di imposta successivi.

( Articolo di Bruno Pagamici pubblicato su “Italia Oggi” )

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