Srl, revoca all’amministratore a tempo indeterminato
Il protrarsi della situazione pandemica comporterà inevitabilmente, in molti casi, la decisione dell’assemblea dei soci di revocare uno o più amministratori, con la conseguente sostituzione.
Queste decisioni, di norma, non avvengono come un fulmine a ciel sereno bensì, dato il rapporto fiduciario corrente con l’organo amministrativo, sono sicuramente ponderate con le necessarie valutazioni dei pro e dei contro. A differenza delle società per azioni, in cui gli amministratori sono nominati dall’assemblea ordinaria dei soci per un periodo massimo di 3 anni, rinnovabile per eguale periodo, nelle Srl il legislatore non ha previsto un termine di durata; pertanto, saldo diversa previsione, gli amministratori restano in carica a tempo indeterminato. Pur spettando esclusivamente ai soci decidere in merito alla revoca degli amministratori, nelle Srl è possibile derogare al principio di revocabilità inserendo nello statuto sociale la previsione di quorum deliberativi così elevati, da sottoporre la relativa decisione alla totalità dei soci.
Parte della dottrina e della giurisprudenza concordano nel ricondurre la disciplina della revoca degli amministratori di Srl all’ art. 1725, c. 2 C.C., in materia di mandato oneroso. Inoltre nelle Srl, essendo prevista, salvo diversa disposizione statutaria, la nomina dell’amministratore (o degli amministratori) a tempo indeterminato, si considera la revoca ammissibile in qualunque momento, senza che comporti alcun risarcimento per la società, neppure quando è disposta in assenza di una giusta causa, salvo la necessità di un congruo preavviso.
Secondo l’orientamento maggioritario della giurisprudenza, il parametro da adottare per quantificare il risarcimento, per una revoca di amministratore senza giusta causa, è riconducibile all’emolumento che l’amministratore avrebbe conseguito dalla sua funzione nell’arco di 6 mesi, quale lasso di tempo ritenuto idoneo per consentirgli di trovare nuovi incarichi o analoghe prestazioni e compensi. Il legislatore ha dunque pensato a tutelare la posizione dell’amministratore revocato, poiché la delibera di revoca ha efficacia immediata; con la sua esecuzione viene meno ogni potere degli amministratori e l’assemblea dei soci deve provvedere alla loro sostituzione, poiché non è prevista alcuna prorogatio.
La giusta causa della revoca può avere natura soggettiva (ad esempio, inadempimento per mancato deposito del bilancio al Registro delle Imprese) oppure oggettiva (situazioni che non sono correlate a inadempimenti dell’amministratore, ma che hanno compromesso il rapporto fiduciario nutrito dai soci nei loro confronti). Tra le ipotesi che, secondo la giurisprudenza, configurano una giusta causa, rientra la diffusione di notizie inesatte sull’andamento della gestione della società, con l’obiettivo di esercitare un’attività concorrente e accompagnata dall’invito a dipendenti e concessionari ad abbandonare la società, per seguire l’amministratore dimissionario nella sua attività, oppure nel caso di scioglimento anticipato della società; incredibilmente, rientra nella giusta causa di revoca anche la situazione personale dell’amministratore in precarie condizioni fisiche o un lungo stato di malattia. Alle fattispecie qui elencate, se ne aggiunge una di stampo legislativo, che disciplina il divieto di concorrenza dell’amministratore; in caso di violazione di tale divieto, “può essere revocato d’ufficio e risponde dei danni”, ai sensi dell’art. 2390 C.C. Una sentenza del Tribunale di Roma (n. 4545/2019) ha sancito che, se l’amministratore sottoscrive un contratto di particolare importanza senza il preventivo assenso dei soci, è revocabile per giusta causa.
(Articolo diValeria Tomatis pubblicato su “Ratio Quotidiano”)