L’ infortunio si apre con il certificato Inps – In caso di contagio gli altri documenti possono essere inviati in seguito
I casi legati al primo periodo di diffusione del contagio da coronavirus, a partire da quelli denunciati finora, l’Inail ha dato indicazione alle sue sedi di accettare anche la semplice certificazione di malattia redatta sulla modulistica dell’Inps per l’apertura delle pratiche relative ai casi di infezione trattati come infortuni sul lavoro, se contratti durante l’attività, con conseguente copertura del periodo di quarantena e quello eventualmente successivo figlio di un’inabilità temporanea assoluta all’ attività.
Lo ha chiarito l’Inail in una nota diramata lo scorso venerdì e che fa seguito alla pubblicazione della circolare 13 del 3 aprile, la quale ha fornito indicazioni sulle modalità procedurali per l’accesso alla nuova prestazione, partendo dalla certificazione medica da inviare all’istituto assicurativo per la presa in carico dell’infortunato.
Per coloro che nei giorni scorsi si fossero avvalsi del certificato di malattia Inps, l’Inail ha ricordato che sarà necessario acquisire successivamente la documentazione utile a comprovare l’infezione, presupposto perché possa scattare la tutela contro gli infortuni e gli elementi indispensabili per ricondurla all’occasione di lavoro, dati che non sono presenti nel certificato di malattia.
Per quanto riguarda la compilazione del certificato di infortunio – strada ordinaria per l’avvio di qualsiasi pratica infortunistica – è stato chiarito che il medico, sulla base delle informazioni al momento della redazione dello stesso, non deve inserire l’ora, ma la sola data dell’evento, il quale, in mancanza di altri elementi, coincide con la data di inizio dell’ astensione dal lavoro indicatagli dal lavoratore. In caso di infezione accertata, l’Istituto eroga le prestazioni a partire dalla data astensione dal lavoro rinvenibile anche attraverso la denuncia di infortunio trasmessa dall’ azienda.
Dopo avere ricordato che la tutela ricorre solo per i contagi da Covid-19 che si siano verificati in occasione di lavoro o in itinere, l’Inail con alcune Faq ha chiarito alcuni passaggi della circolare 13, a partire dalla presunzione di esposizione professionale riconosciute ad alcune categorie di lavoratori per le quali si sia estrinsecato il cosiddetto rischio specifico. Si tratta – ha ribadito l’Inail – di una presunzione semplice che riguarda anzitutto gli operatori sanitari, ma anche altre attività che comportino costante contatto con il pubblico, come nel caso degli addetti alle vendite e dei banconisti. Un elenco, quello contenuto nella circolare, che va ritenuto solo esemplificativo e in cui rientrano a pieno titolo anche i sanitari delle Rsa e i tassisti.
Per tutte i lavoratori che non possono far valere la presunzione di origine professionale, la cosiddetta assunzione in tutela farà seguito al positivo accertamento medico-legale, privilegiando gli elementi epidemiologico, clinico, anamnestico e circostanziale.
L’Inail ha fatto il punto anche sulla riserva di regolarità da porre in tutti i casi in cui i dati sanitari disponibili non consentano diagnosi certe. Su questo fronte è stato ricordato che la qualificazione di Covid-19 come infortunio sul lavoro è fondata sulla positività del test di conferma: la diagnosi di sospetto clinico, data la variabilità di quadri e la sovrapposizione con altri processi morbosi, non basta quindi da sola per l’ammissione a tutela.
( Articolo di Mauro Pizzin pubblicato su “Il Sole 24Ore” )