Le vendite a distanza del vino nell’UE – i connessi profili Iva e accise
La fiscalità indiretta delle operazioni di vendita a distanza del vino, ai consumatori privati siti in Stati membri UE (ove, per vendita a distanza, s’intende la cessione dei beni con spedizione o trasporto da parte del fornitore o per suo conto), non si definisce soltanto in relazione alle regole tributarie generali (specificamente in punto Iva); ma anche alla luce di norme di eccezione, che entrano in gioco per effetto dell’imponibilità ad accisa del bene compravenduto.
Le accise esprimono una forma di imposizione di evidente specificità, atteso che essa esercita pressione direttamente sull’attività di produzione di beni determinati, assunti come particolarmente significativi (si pensi ai prodotti energetici, ai tabacchi, all’alcol): e proprio l’esigenza di presidiare l’imposizione di tali settori strategici, per le implicazioni non solo economiche ma anche d’impatto sociale che tale presidio comporta, giustificano la previsione di regime di eccezione per la circolazione intracomunitaria di beni soggetti ad accisa come il vino, rispetto alla circolazione dei beni ordinari. Nella trattazione che segue, non mancherà occasione di sottolineare come il rango “autoritativo” tipico della disciplina delle accise abbia comportato l’innesto, nel più generale contesto eurounitario di libera circolazione delle merci, di norme e istituti di schietto carattere doganalistico, d’ispirazione differente rispetto alle regole del mercato unico.
Ciò è stato realizzato mediante il coordinamento della disciplina delle accise con quella generale in materia di Iva: innanzitutto a livello comunitario, stante la comune fonte normativa di rango unionale di entrambi i tributi (la Direttiva 2006/112/CE, per l’Iva e la Direttiva 2008/118/CE per le accise); e, in secondo luogo, a livello della disciplina nazionale, che è coerente traslazione delle norme europee (si pensi, al riguardo, al D.P.R. 633/1972 e al D.L. 331/1993, per quanto concerne l’Iva; nonchè al Testo unico accise (Tua), approvato con il D.Lgs. 504/1995; tenendo fermo che, in alcuni casi, le norme nazionali richiedono una più puntuale riconduzione ai principi unionali, rispetto a quanto emerga dal tenore letterale delle stesse, come si vedrà appresso).
Il quadro generale. La circolazione del vino in ambito UE in regime sospensivo accise
La vendita a distanza del vino a consumatori finali in ambito UE va dunque inquadrata, in sintesi, come un’eccezione alla disciplina comunitaria generale dell’Iva, per la quale le operazioni di cessione intracomunitarie di beni “B2C” dovrebbero considerarsi effettuate nel Paese di partenza (articoli 33 e 34, Direttiva 2006/112/CE). Nel caso del vino, invece, per le vendite a distanza dei beni soggetti ad accisa a consumatori finali, l’operazione deve considerarsi effettuata nel Paese di arrivo.
Da ciò conseguirà l’applicazione, alle vendite a distanza del vino in ambito comunitario, tanto dell’Iva, quanto delle accise, proprie del Paese di destino: e questo in coerenza al principio di fondo, per cui le imposte connesse al consumo dei beni devono incidere, in concreto, sull’effettivo consumatore finale: e dunque assumere rilievo nel Paese di effettiva immissione in consumo dei beni stessi. Sul piano normativo nazionale, il meccanismo è recepito all’articolo 41, comma 1, lettera b), D.L. 331/1993, in termini di non imponibilità Iva, in Italia, delle cessioni in parola.
Tuttavia, va rimarcato che la norma italiana citata non rende omaggio, nella sua formulazione letterale, alla chiarezza della disposizione comunitaria. L’articolo 41, D.L. 331/1993, dispone infatti che devono considerarsi non imponibili, testualmente, le sole cessioni a distanza di “beni diversi da quelli soggetti ad accisa”: dal che sembra, implicitamente, che dal regime di non imponibilità in Italia siano esclusi proprio il caso della vendita a distanza dei beni sottoposti ad accisa, come il vino, in evidente contrasto con l’articolo 33, Direttiva 112/2006/CE. Va da sé che la norma nazionale in parola non può leggersi in disaccordo rispetto a quella comunitaria: come opportunamente rilevato dalla prassi dell’Agenzia delle entrate, per la quale: “… per i beni soggetti ad accisa, il luogo di tassazione va sempre individuato nel Paese di destinazione, quando il trasporto è effettuato dal fornitore o per suo conto.
Al contrario, se il trasporto viene effettuato dall’acquirente, torna di applicazione il criterio generale di cui all’articolo 7‐bis, D.P.R. 633/1972, con conseguente tassazione nel Paese di origine”11. Non può quindi dubitarsi che la vendita a distanza di prodotti soggetti ad accisa a consumatori UE rientri nella non imponibilità Iva ex articolo 41, comma 1, lettera b), D.L. 331/1993 (senza che assumano rilievo, in questo caso, le soglie di corrispettivi annui previste invece per i prodotti non soggetti ad accisa). A tale riguardo, la fattura andrà emessa nei confronti del cliente finale, con la dicitura “operazione non imponibile articolo 41/1/b, D.L. 331/1993”. Ai fini degli adempimenti Iva, sarà necessario identificarsi nel Paese comunitario di destino, direttamente o a mezzo di rappresentante Iva; e l’Iva estera andrà calcolata includendo, nella base imponibile, l’accisa dovuta nel Paese di destino stesso.
Dal punto di vista delle accise, poiché si è detto che all’operazione troveranno applicazione le accise in vigore nel Paese di destino, sarà necessario spedire il vino in regime sospensivo (ex articolo 1, comma 2, lettera g), D.Lgs. 504/1995) potendosi fare ricorso a 2 modalità alternative: o effettuando la spedizione direttamente al cliente, consumatore finale, previa sosta tecnica presso un deposito fiscale o un destinatario registrato, del Paese di destino; oppure realizzando uno “stoccaggio” preventivo di vino presso un deposito fiscale, sempre sito nel Paese di destino, da incaricare volta per volta di consegnare la merce agli acquirenti locali, mano a mano che essi procedono ai relativi acquisti.
Nel primo caso, la spedizione diretta al consumatore UE (previa sosta tecnica presso il deposito fiscale o il destinatario registrato di tale Paese) presuppone, evidentemente, la gestione di quantità per ordini di un certo rilievo; e implica l’emissione della documentazione rilevante ai fini accise ovvero il documento amministrativo elettronico e‐AD o il documento MVV (Mouvement des produits VitiVinicoles ex Regolamento 314/2012/UE: documento obbligatorio per la circolazione nazionale del prodotto vitivinicolo e utilizzato altresì dai piccoli produttori – dalla produzione annua inferiore a 1.000 ettolitri, determinata con riferimento alla produzione media dell’ultimo quinquennio dell’azienda agricola – per le spedizioni intracomunitarie di prodotto imbottigliato o sfuso); e quindi l’assolvimento delle accise estere nel Paese di destinazione.
Nel secondo caso, invece, l’allestimento di uno stock “preventivo” di merce nel Paese di destino, con spedizione del vino al deposito fiscale o al destinatario registrato del Paese UE, implica l’utilizzo continuativo di una piattaforma logistica strutturata (oltre a una posizione fiscale locale), che andrà incaricata volta per volta di procedere alla consegna ai clienti/consumatori locali del vino, una volta che essi l’abbiano acquistato, ad esempio ricorrendo a siti internet.
Anche in questo caso, il vino potrà essere spedito in regime di sospensione d’imposta, previa emissione di un documento amministrativo elettronico e‐AD o un documento MVV (per i piccoli produttori, come specificato supra). Ai fini Iva, l’operazione vedrà invece l’emissione di 2 fatture:
– la prima, da emettersi a cura della posizione Iva italiana del soggetto cedente a favore della propria posizione Iva del Paese di destino, al costo, con la dicitura “operazione non imponibile ai sensi dell’articolo 41, D.L. 331/1993” ed espletando la procedura di cessione intracomunitaria;
– la seconda, da emettersi, a fronte dell’incarico all’operatore logistico di spedire il prodotto al cliente, dalla posizione Iva del cedente italiano nel Paese di destino, a favore del cliente/consumatore finale, gravata dell’Iva del Paese di destino e dalla base imponibile comprensiva dell’eventuale accisa locale.
Nel transito intracomunitario del vino, è bene comunque ribadire che il soggetto destinatario della merce nel Paese di destino, prima dell’acquirente/consumatore finale, deve sempre essere un soggetto autorizzato a ricevere il prodotto in regime di sospensione d’accisa: e, quindi, un depositario autorizzato dalle Autorità dei Paesi membri interessati, o un destinatario registrato, anche occasionale, sempre secondo le norme applicabili nel Paese interessato.
La presenza dell’autorizzazione/licenza, il cui rilascio spetta usualmente a uffici doganali, ribadisce il carattere specificamente autoritativo della disciplina delle accise, che di fatto delimita la circolazione dai beni sottoposti al tributo in una sorta di “circolo chiuso”, soggetto a regole e controlli tipicamente doganali, ancora attivi pur nell’ambito di un’Unione Europea connotata da libertà di movimento di persone, merci, servizi e capitali. A riprova dei concetti sopra esposti, la circolazione dei beni soggetti ad accisa in regime sospensivo presuppone la prestazione di una cauzione, da parte del depositario autorizzato mittente, anche in solido con il trasportatore o con il destinatario o con il proprietario della merce, a garanzia del pagamento dell’accisa sui prodotti trasportati, nella misura del 10% dell’imposta gravante (articolo 6, comma 2, Tua).
Per la circolazione dei prodotti in ambito UE, il D.M. 13 gennaio 1994 ha stabilito che, nel caso in cui l’aliquota nazionale sia zero, la cauzione sarà rapportata al 10% dell’accisa gravante nel Paese di destino. Il depositario autorizzato è tenuto a contabilizzare un conto a scalare della garanzia; e questa viene “impegnata” per un dato importo, al momento dell’emissione dell’ e-AD, per poi essere riaccreditata sul conto (“svincolata”), a seguito dell’inserimento nel sistema informatizzato comunitario EMCS del rapporto di ricezione telematico dell’e-AD, che “chiude” (“appura”) il circuito del trasposto/transito in regime sospensivo; e ne attesta la fuoriuscita del bene in direzione dell’immissione in consumo.
Può essere utile ricordare che la cauzione può essere prestata in danaro (numerario), titoli di Stato, con fidejussione bancaria o polizza assicurativa (e allora deve essere depositata presso l’ufficio doganale, competente anche per il successivo svincolo). Il piccolo produttore ne è esonerato.
( Articolo di Silvio Rivetti e Alberto Tealdi pubblicato su “Rivista per la consulenza in agricoltura)