Smart working e ferie – Da usare a tutela della salute dei dipendenti
Per ridurre il rischio contagio presenze in azienda al minimo necessario. La messa a riposo non richiede l’assenso del lavoratore.
Lo scopo delle misure di contenimento del contagio da coronavirus, contenute nel decreto del presidente del Consiglio dei ministri dell’8 marzo è fuor d’ogni dubbio quello di evitare e quindi limitare il più possibile, all’interno dei territori individuati, gli spostamenti delle persone e le occasioni di contatto tra le medesime.
È alla luce di tale finalità, che risponde a un interesse pubblico direttamente collegato alla tutela del diritto costituzionale alla salute, che vanno lette le prescrizioni riguardanti i rapporti di lavoro, in particolare per quanto concerne l’individuazione di quali siano quelle «comprovate esigenze lavorative» che consentono di derogare alla limitazione degli spostamenti. Inoltre, le disposizioni che riguardano il lavoro vanno lette nel loro insieme.
Il decreto raccomanda la fruizione delle ferie, in termini particolarmente stringenti con riferimento ai territori oggetto di maggiore restrizione fino a ieri, restrizioni estese ora a tutta Italia, ferma restando la possibilità di ricorrere allo smart working, del quale peraltro si ribadisce la possibilità di utilizzo in forma semplificata su tutto il territorio nazionale per l’intera durata del periodo di emergenza, cioè fino al 31 luglio.
Il che significa che, quantomeno nei territori maggiormente interessati dal contagio, ferie e smart working sono strumenti prioritari da utilizzare nella gestione dell’emergenza, nell’ottica di minimizzare gli spostamenti e quindi le presenze sul luogo di lavoro. Si deve ritenere che, considerata la situazione di emergenza la collocazione in ferie non richieda il consenso del lavoratore, che pertanto non può rifiutarla.
Anche l’adozione dello smart working, laddove possibile, diventa una soluzione pressoché obbligata. Quindi le comprovate esigenze lavorative che giustificano lo spostamento per recarsi sul luogo di lavoro non possono che riguardare le presenze necessarie per garantire la continuità produttiva e organizzativa dell’azienda, “al netto” dello smart working e delle ferie. È evidente allora, anche solo per l’utilizzo dell’espressione «comprovate», che le esigenze che giustificano gli spostamenti non possono consistere nella semplice esistenza del rapporto di lavoro, pena la totale frustrazione dello scopo perseguito dal provvedimento.
In questa situazione è richiesto al datore di lavoro, anche in relazione agli obblighi di sicurezza e tutela della salute dei dipendenti che su di lui gravano in base all’ articolo 2087 del Codice civile e del decreto legislativo 81/2008, di effettuare una attenta valutazione del numero di lavoratori che devono recarsi fisicamente sul luogo di lavoro per garantire la continuità produttiva.
( Articolo di Aldo Bottini pubblicato su “Il Sole 24ore”)