Dal 2020, l’Imu accorpa la Tasi e il prelievo torna a carico dei soli titolari dei diritti reali
Tra le previsioni della legge di Bilancio in campo immobiliare, occorre ricordare la riduzione a regime dell’aliquota prevista per i contratti a canone concordato, fissata al 10%
Una cospicua “sezione” del maxi articolo unico della legge di bilancio 2020 è dedicato alla revisione della fiscalità immobiliare locale:
i commi da 738 a 783 intervengono infatti sui tributi locali, procedendo alla unificazione dell’Imposta municipale unica (introdotta nel 2011 ricalcando la precedente ICI) e della Tassa sui servizi indivisibili (introdotta nel 2014). Tale intervento ha comportato la soppressione della Tasi (scelta condivisibile visto che i due tributi presentavano forti sovrapposizioni), il cui gettito sarà sostituito da un’Imu fondata su di un’aliquota base incrementata, che sale dallo 0,76% allo 0,86%. La prima conseguenza di questo intervento è l’esonero per i detentori degli immobili (inquilini, comodatari, e così via) da qualunque obbligo di versamento; in precedenza, infatti, la Tasi era dovuta tanto dal titolare del diritto reale sull’immobile (proprietario, usufruttuario, e così via) quanto, nel caso in cui l’immobile fosse stato occupato da un soggetto diverso da quest’ultimo, anche dall’occupante stesso. L’occupante era chiamato a corrispondere l’imposta nella misura stabilita dal comune nel proprio regolamento, compresa tra il 10% e il 30%.
Quindi, dal 2020, il prelievo tornerà ad essere a carico dei soli titolari dei diritti reali sugli immobili; anche per il futuro, nel caso di contratto di leasing in corso, il soggetto passivo dovrà essere individuato nell’utilizzatore dell’immobile. Ovviamente gli occupanti continueranno ad essere soggetti al prelievo in relazione all’imposta sulla raccolta e smaltimento dei rifiuti (Tari). Non si tratta però dell’unica modifica, in quando la ridefinizione del prelievo locale ha dato l’occasione al Legislatore per intervenire a correggere alcune fattispecie; posto che per larghi tratti la nuova Ima coincide con la precedente, nel presente contributo ci soffermeremo sulle principali modifiche che entreranno in vigore dal 2020.
Le aliquote
Come detto l’aliquota di base della nuova Imu è pari allo 0,86%, aliquota che i Comuni, con deliberazione del consiglio comunale, possono aumentare sino allo 1,06% o diminuirla fino all’azzeramento. In sostituzione della maggiorazione della Tasi (ossia la possibilità che era concessa ai comuni di incrementare dello 0,8 per mille l’aliquota) l’Ente ha la possibilità di aumentare ulteriormente l’aliquota massima, oltre l’1,06%, sino all’1,14%; tale incremento è praticabile nella stessa misura già applicata per l’anno 2015 e confermata fino all’anno 2019, mentre non sarà possibile introdurla ex novo dal 2020. L’aliquota di base per l’abitazione principale di lusso (fabbricati di categoria catastale A/1, A/8 o A/9) dal 2020 sarà fissata allo 0,5% e il comune, con deliberazione del consiglio comunale, può aumentarla di 0,1 punti percentuali o diminuirla fino all’azzeramento. È altresì confermata la detrazione di 200 euro, che oltre che all’abitazione principale di lusso è anche applicabile anche agli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari (Iacp) o dagli enti di edilizia residenziale pubblica. Anche per gli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D l’aliquota di base è pari allo 0,86%, di cui la quota pari allo 0,76% è riservata allo Stato; i Comuni, con deliberazione del consiglio comunale, possono aumentare l’aliquota di prelievo di tali immobili sino allo 1,06 per cento o diminuirla fino al limite dello 0,76 per cento (la parte che eccede lo 0,76% è di competenza del Comune). In relazione ai fabbricati rurali la previgente disciplina stabiliva un’aliquota dello 0,2%, con possibilità per i comuni di ridurla allo 0,1%; dal 2020 sarà possibile prevedere un’Imu nella misura dello 0,1% che i comuni possono ridurre fino all’azzeramento. Dal 2021 (quindi ancora per il 2020 ogni Ente avrà libertà di azione), i comuni potranno diversificare le aliquote esclusivamente con riferimento alle fattispecie individuate con decreto del ministro dell’Economia e delle finanze; i comuni dovranno obbligatoriamente avvalersi di una sorta di griglia di aliquote messa a disposizione dal Portale del federalismo fiscale tramite un’applicazione che consentirà, previa selezione delle fattispecie di interesse del comune tra quelle individuate con il decreto citato, di elaborare il prospetto delle aliquote che forma parte integrante della delibera di approvazione delle stesse. Pertanto, la delibera approvata senza il prospetto non sarà idonea a produrre effetti.
I versamenti
Circa le modalità di calcolo dell’imposta e di versamento del tributo dovuto, non vengono introdotte grosse novità; il versamento dell’imposta per l’anno in corso è effettuato in due rate:
› la prima rata scade il 16 giugno. Il versamento della prima rata è pari all’imposta dovuta per il primo semestre applicando l’aliquota e la detrazione dei dodici mesi dell’anno precedente; per il 2020, in sede di prima applicazione dell’imposta, la prima rata da corrispondere è pari alla metà di quanto versato a titolo di Imu e Tasi per l’anno 2019;
› la seconda rata è in scadenza il 16 dicembre ed è eseguita a conguaglio per l’intera annualità, sulla base delle aliquote risultanti dal prospetto pubblicato nel sito informatico del Dipartimento delle finanze alla data del 28 ottobre di ciascun anno (aliquote che i Comuni dovranno comunicare entro il 14 ottobre), scomputando quanto giù versato in sede di acconto.
Rimane possibile provvedere al versamento dell’imposta complessivamente dovuta in un’unica soluzione annuale, da corrispondere entro il 16 giugno. Per gli enti non commerciali, il versamento è effettuato in tre rate, con eventuale compensazione dei crediti, allo stesso comune nei confronti del quale è scaturito il credito. Per quanto concerne le modalità di versamento del tributo, la norma dispone l’utilizzo esclusivo del modello F24 o del bollettino di conto corrente postale con esso compatibile, oppure la possibilità di utilizzare la piattaforma PagoPA.
Le fattispecie imponibili
Il presupposto dell’imposta municipale sugli immobili (Imu), vale a dire il possesso di immobili, ad eccezione del possesso dell’abitazione principale o assimilata, che non risulta soggetta al prelievo, salvo che si tratti di un’unità abitativa classificata nelle categorie catastali A/1, A/8 o A/9, non subisce modifiche rispetto al passato. Non è stata apportata alcuna modifica neppure al concetto di abitazione principale: è tale l’immobile iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e i componenti del suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile. Per pertinenze dell’abitazione principale si intendono esclusivamente quelle classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di un’unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all’unità ad uso abitativo (ad esempio, cantine e soffitte accatastate congiuntamente all’abitazione). Si continuano a considerare assimilate all’abitazione principale le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari (o studenti universitari soci anche non residenti), gli alloggi sociali ai sensi del Dm 22 aprile 2008, la casa familiare (in passato era definita “coniugale”) assegnata al genitore affidatario dei figli, a seguito di provvedimento del giudice (tale assegnazione costituisce ai soli fini dell’applicazione dell’imposta, il diritto di abitazione in capo al genitore affidatario stesso liberando quindi dal prelievo il coniuge non affidatario), l’unità immobiliare del personale in servizio permanente appartenente alle Forze armate, di polizia e vigili del fuoco per il quale non sono richieste le condizioni della dimora abituale e della residenza anagrafica, l’unità immobiliare posseduta da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari (quest’ultima solo nel caso di delibera comunale in tale senso). Da segnalare gli effetti di modifiche degli elementi che incidono sulla base imponibile: › per effetto delle modifiche apportate dalla legge di bilancio viene chiarito che le variazioni di rendita catastale intervenute in corso d’anno, a seguito di interventi edilizi sul fabbricato, producono effetti dalla data di ultimazione dei lavori, o, se antecedente, dalla data di utilizzo. La rendita catastale rivalutata, a cui applicare lo specifico moltiplicatore previsto per ciascuna categoria catastale, costituisce la base imponibile dei fabbricati; › per effetto delle modifiche apportate dalla legge di bilancio, per le aree fabbricabili si stabilisce che il valore è costituito da quello venale al 1° gennaio dell’anno di imposizione ovvero dall’adozione degli strumenti urbanistici in caso di variazione in corso d’anno. Il valore venale costituisce infatti la base imponibile per le aree fabbricabili.
Vengono altresì confermate le ipotesi di riduzione della base imponibile al 50%:
› fabbricati di interesse storico o artistico di cui all’articolo 10 del Dlgs 42/2004 (ossia gli immobili con vincolo diretto);
› fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati. L’inagibilità o inabitabilità è accertata dall’ufficio tecnico comunale con perizia a carico del proprietario, ovvero il contribuente ha facoltà di presentare una dichiarazione sostitutiva che attesti la dichiarazione di inagibilità o inabitabilità del fabbricato da parte di un tecnico abilitato;
› unità immobiliari, fatta eccezione per quelle cosiddette di lusso, concesse in comodato (registrato) dal soggetto passivo ai parenti in linea retta entro il primo grado che le utilizzano come abitazione principale (il comodante non deve possedere altre abitazioni oltre la propria abitazione principale; egli deve risiedere nello stesso comune dove è ubicata l’abitazione concessa in comodato). Tale beneficio si estende, in caso di morte del comodatario, al coniuge con figli minori.
Cedolare al 10%
La legge di bilancio interviene anche sul tema delle locazioni immobiliari, portando a regime la misura del prelievo (10%) sulle locazioni a canone concordato, nel caso in cui il locatore abbia prescelto di applicare la cedolare secca. La cedolare secca è un regime fiscale facoltativo ed alternativo alla tassazione ordinaria: infatti, a fronte del pagamento di una imposta sostitutiva fissata in misura proporzionale (ordinariamente si applica un’aliquota del 21%), in primo luogo il reddito proveniente dalla locazione è escluso da Irpef e relative addizionali, ma altresì il contratto è escluso tanto dall’imposta di registro quanto l’imposta di bollo che risulterebbero dovute per registrazioni, risoluzioni e proroghe. Venendo al tema dell’intervento, si deve ricordare che è prevista una specifica aliquota ridotta stabilita per i contratti a canone concordato, ossia i stipulati secondo le disposizioni di cui agli articolo 2 commi 3, e 8 della legge 431/1998, relativi ad abitazioni ubicate nei comuni ad alta densità abitativa e negli altri comuni ad alta tensione abitativa individuati dal Cipe. Tale aliquota ridotta era stabilita a regime nella misura del 15%, ma successivamente è stata introdotta una riduzione in via transitoria al 10%: detta riduzione venne inizialmente prevista dalla legge 47/2014 per il quadriennio 2014/2017 e venne successivamente confermata dalla legge di bilancio per il 2018 per il biennio 2018/2019. Si tratta quindi di una misura destinata originariamente ad esaurirsi al termine del 2019, misura che la legge di bilancio 2020 ha invece mantenuto, trasformandola in una previsione a regime, tramite modifica dell’articolo 3 comma 2 del Dlgs 23/2011. Si ricorda che al fine di fruire dell’aliquota agevolata del 10% per i contratti di locazione a canone concordato “non assistiti” occorre acquisire l’attestazione rilasciata dalle organizzazioni firmatarie dell’accordo, con la quale viene confermata la rispondenza del contenuto economico e normativo del contratto di locazione all’Accordo territoriale. Si ricorda altresì che, in tema di contratti di locazione a canone concordato, l’articolo 19-bis del Dl 34/2019 con norma di interpretazione autentica chiarisce che, allo scadere del periodo di proroga biennale di un contratto a canone concordato (i contratti hanno infatti un periodo di durata triennale con proroga di due anni, si parla infatti normalmente di contratti 3+2), scatta il rinnovo di due anni in due anni, a meno che non intervenga la disdetta; pertanto, il quarto periodo del comma 5 dell’articolo 2 della legge 431/1998 si interpreta nel senso che, in mancanza della comunicazione ivi prevista, il contratto è rinnovato tacitamente, a ciascuna scadenza, per un ulteriore biennio. Il medesimo Dl 34/2019, all’articolo 3-bis, del ha disposto l’abrogazione dell’obbligo della comunicazione della proroga della cedolare secca e della relativa sanzione.
Credito d’imposta per il monitoraggio strutturale degli immobili
La legge di bilancio riconosce un credito d’imposta, nel limite massimo complessivo di 1,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021, per le spese documentate relative all’acquisizione e predisposizione dei sistemi di monitoraggio strutturale continuo, con l’obiettivo di aumentare il livello di sicurezza degli immobili. Tale disposizione dovrà essere attuata da uno specifico decreto che dovrà emanare il Ministro dell’economia e delle finanze entro 90 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento in esame, quindi entro il 1 marzo 2020. Tale decreto è chiamato a stabilire i criteri e le procedure per l’accesso al beneficio, nonché l’eventuale relativo recupero, in caso di utilizzo illegittimo.
( Articolo di di Fabio Garrini pubblicato su “Novità Fiscali 2020” de “Il Sole 24 ore” )