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Inps soccombente sui redditi di capitale

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Esce sconfitto l’Inps dalla recente sentenza della Cassazione n. 21540/2019 in tema di assoggettabilità a contribuzione artigiani o commercianti dei redditi percepiti da socio di società a responsabilità limitata. Per ben comprendere l’anima della questione è doveroso ripercorrerne la storia normativa.

La L. 233/1990 (art. 1, c. 1) aveva stabilito che i contributi previdenziali dovuti dagli iscritti alla Gestione artigiani e commercianti dovessero essere calcolati sul reddito annuo derivante dall’impresa che dava titolo all’iscrizione nella relativa Gestione. La conseguenza, sotto il profilo pratico, era che il titolare di una ditta individuale che avesse anche una partecipazione in una società dove non prestava attività lavorativa, doveva pagare i contributi previdenziali soltanto sul reddito della ditta individuale. Successivamente, il D.L. 384/1992 (art. 3-bis), modificando la previgente impostazione, stabiliva che i contributi previdenziali dovessero essere calcolati sulla totalità dei redditi d’impresa denunciati ai fini Irpef. Sulla base di questa disposizione, l’Inps aveva iniziato a chiedere l’assolvimento dei contributi anche sui redditi da partecipazione in società di capitali, a prescindere dall’apporto lavorativo. È noto come nelle società di capitali, il reddito (tranne il caso di opzione per il regime di trasparenza) non viene imputato pro-quota ai soci, ma viene dichiarato fiscalmente solo in caso di effettiva percezione; pertanto, non si configura per il socio percipiente come reddito di impresa. Mentre era abbastanza chiaro che il riferimento normativo alla totalità dei redditi d’impresa denunciati ai fini Irpef, attraesse nel regime impositivo anche il reddito del socio accomandante della Sas, sorgevano dubbi sull’assoggettabilità a contribuzione del reddito del socio di Srl, qualora la partecipazione fosse soltanto di capitale e non si configurasse alcun apporto di lavoro. Invece erano soggetti a contribuzione i redditi dei soci di Srl in presenza di effettiva attività lavorativa. La pronuncia in commento, respingendo il ricorso dell’Inps, conferma la sentenza della Corte di Appello di Trieste che, conforme alla sentenza di primo grado, accoglie l’opposizione avverso un avviso di addebito Inps presentata dal socio di una società a responsabilità limitata esercente attività artigiana, in cui il socio stesso non prestava alcuna attività lavorativa.

La Suprema Corte afferma che, in primo luogo, occorre far riferimento alla qualificazione dei redditi secondo il Tuir. In secondo luogo, poiché la normativa previdenziale individua, come base imponibile sulla quale calcolare i contributi, la totalità dei redditi d’impresa così come definita dalla disciplina fiscale e considerato che, secondo il Tuir, i redditi derivanti da mera partecipazione in società di capitali, senza prestazione lavorativa, sono inclusi tra i redditi di capitale, ne consegue che questi ultimi non concorrono a costituire la base imponibile ai fini contributivi Inps. La Corte Costituzionale (sent. 354/2001) ha ben distinto tra la posizione dei soci non lavoratori nelle società di capitali, rispetto alle società di persone, dove è prevalente l’elemento personale. In conclusione, la discriminante sta nell’apporto lavorativo, in mancanza del quale il socio di società di capitali nulla deve a titolo di contribuzione Inps artigiani e commercianti.

( Articolo di Stefano Natali pubblicato su “Ratio Quotidiano” )

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