Assalto alla diligenza, la buona fede non è più sufficiente
Le misure di contrasto alle frodi in materia di cessioni dei crediti non si esauriscono con il Decreto Legge n. 157 del 2021. Un passaggio inquietante della Circolare n. 16/E carica di responsabilità i soggetti cessionari e i fornitori chiamati ad acquisire i crediti.
Come noto, l’articolo 2 del DL Anti-frodi inserisce, dopo l’articolo 122 del Decreto Rilancio, l’articolo 122-bis dedicato al rafforzamento dei controlli preventivi sulle comunicazioni di trasferimento del credito. La disposizione, attuata con il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 1° dicembre 2021 protocollo n. 340450/2021, conferisce all’Amministrazione Finanziaria il potere di sospendere gli effetti della comunicazione al fine di espletare la conseguente analisi di regolarità. Attività che verrà effettuata sui profili a rischio individuati utilizzando i criteri di coerenza definiti dall’articolo 2 del DL Anti-frodi.
Nell’affermare che il presidio preventivo non esonera i soggetti coinvolti nelle cessioni da applicare l’ordinaria diligenza richiesta per evitare la partecipazione a condotte fraudolente, concetto condivisibile per il soggetto che si appresta ad effettuare la comunicazione di trasferimento del credito, l’Amministrazione Finanziaria va oltre ed estende tale particolare premura, l’ordinaria diligenza, ai soggetti cessionari e ai fornitori che acquistano il credito o ricevono il contributo sotto forma di sconto sul corrispettivo. In questo, secondo l’Agenzia delle Entrate, né la mancata selezione della specifica comunicazione tra quelle oggetto di sospensione e conseguente controllo, né la rimozione della sospensione inizialmente operata ovvero il decorso dei 30 giorni a disposizione dell’Amministrazione Finanziaria per effettuare le verifiche del caso, sono tali da precludere gli ordinari controlli sostanziali che seguono la cessione, anche nei confronti dei soggetti cessionari del credito.
È un discreto balzo in avanti rispetto al recente passato. Secondo l’impianto normativo in tema di cessione, il soggetto che si pone quale cessionario del credito risponde esclusivamente del cattivo utilizzo dello stesso, ovvero della compensazione in difformità dai termini, modalità e condizioni applicabili al cedente, nonché per l’utilizzo in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d’imposta ricevuto. Secondo il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate dell’8 agosto 2020, infatti, la sua eventuale responsabilità emerge solo in presenza del concorso in violazione, quando il cessionario del credito è parte attiva del tentativo di frode.
Sul punto l’Amministrazione Finanziaria aveva chiarito che nessuna responsabilità era attribuibile ai fornitori e ai soggetti cessionari se durante i controlli dell’Enea o dell’Agenzia delle Entrate veniva rilevato che il contribuente non aveva diritto alla detrazione. Il recupero dell’importo della detrazione non spettante, infatti, è effettuato in primo luogo nei confronti del soggetto beneficiario. Nella precedente Circolare n. 24/E del 2020, in particolare, veniva valorizzata la buona fede dei cessionari che acquista il credito, poi rettificato. Era necessario che si manifestassero gli estremi del concorso in violazione ai sensi dell’articolo 9, comma 1, del Decreto Legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 per coinvolgere direttamente il cessionario negli esiti nefasti del controllo.
Oggi l’Agenzia delle Entrate va oltre. Nel pretendere dal cessionario o dal fornitore l’ordinaria diligenza richiesta per evitare la partecipazione a condotte fraudolente l’Amministrazione Finanziaria impegna il soggetto che acquista il credito in un’attività di verifica che va ben oltre quella richiesta nell’acquisto in buona fede.
Come evidenziato in materia di imposta sul valore aggiunto, l’ordinaria diligenza in ragione del ruolo ricoperto significa fare quanto è nelle proprie possibilità per dimostrare, sulla base di elementi oggettivi e specifici, l’assenza di qualsivoglia intento fraudolento. In altri termini significa entrare nel merito, secondo i criteri di ragionevolezza e di proporzionalità richiesti dal caso (Cass. n. 9851 del 2018).
Si pone, poi, il successivo tema connesso all’onere probatorio. Sul punto dell’ordinaria diligenza la Corte di Cassazione ha più volte ribadito, sempre in tema di imposta sul valore aggiunto, che è onere dell’Amministrazione Finanziaria quello di provare la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in un contesto di evasione fiscale, anche in via presuntiva, e che il contribuente era a conoscenza della frode, o avrebbe dovuto esserlo, usando, appunto, l’ordinaria diligenza (Cass. n. 25013 del 2019).
È facilmente intuibile come sia stato eseguito un doppio salto mortale da parte dell’Amministrazione Finanziaria. Un passino alla volta, fra un provvedimento attuativo ed una circolare esplicativa, strumenti impropri al fine, l’Agenzia delle Entrate segna la linea dei futuri controlli, non semplicemente dedicati al beneficiario della detrazione. I cessionari ed i fornitori sono pertanto avvertiti. Se è tale il proprio ruolo, non basterà semplicemente accettare il credito dopo aver verificato importo e caratteristiche del flusso telematico ricevuto, ma sarò necessario entrare sempre nel merito. Almeno fin quando un giudice non dirà il contrario.
( Articolo di Paolo Iaccarino pubblicato su “Fiscal Focus” )
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