Cashback sospeso, fermato dal 1° luglio
La decisione della Cabina di regia libera altri 1,75 miliardi sui conti di quest’anno.
ROMA Nel decreto legge su fisco e lavoro in arrivo al consiglio dei ministri ci sarà anche lo stop al cashback da giovedì 1° luglio.
La decisione, comunicata ieri dal premier Mario Draghi nel corso della cabina di regia e confermata nonostante le obiezioni arrivate soprattutto dai Cinque Stelle, ha tre ordini di effetti. Il primo, ovvio, è che oggi e domani sono gli ultimi giorni per la caccia a premi e superpremio da 1.500 euro riservati a chi paga i propri acquisti con strumenti tracciabili, prima di una sospensione semestrale che però darà il tempo al governo per ripensare meccanismi e confini degli incentivi.
Importanti sono anche le ricadute contabili. Perché sei mesi di cashback costano al bilancio pubblico 1,75 miliardi, che a questo punto non verranno più spesi. Si gonfia ancora, quindi, la riserva da oltre 5 miliardi già generata dalle minori uscite rispetto al previsto per gli aiuti a fondo delle partite Iva. Anche se è probabile che il ministero dell’Economia deciderà di accantonare queste somme, insieme alla quota di risparmi da fondo perduto ancora non certificata alla maggioranza, per le prossime mosse.
Una terza conseguenza, evidente, è di ordine politico. Lo stop comunicato ieri da Mario Draghi ferma infatti una delle misure più spinte da Giuseppe Conte, che nel corso della sua seconda stagione a Palazzo Chigi aveva dedicato al cashback lunghe e dettagliate videoconferenze anche nelle settimane più critiche della pandemia.
Con una contemporaneità causale ma significativa sul piano simbolico, la decisione di fermare la macchina è arrivata negli stessi minuti in cui l’ex presidente del Consiglio ricompariva sulla scena per spiegare in conferenza stampa il proprio punto di vista sulle convulsioni pentastellate.
La scelta comunicata ieri dal Capo del governo non è però un fulmine del tutto inatteso. Le nubi intorno agli incentivi ai pagamenti con moneta elettronica si erano già addensate nell’ultima fase di costruzione del Pnrr; le bozze del Piano preparate dal Conte-2 prevedevano di dedicare a questa misura quasi 5 miliardi del Recovery Fund, etichettandoli in modo piuttosto elastico alla voce “digitalizzazione della Pubblica amministrazione”. Ma è sparita dal Pnrr targato Draghi, e non solo per le obiezioni comunitarie al finanziamento di incentivi fiscali generalizzati. Anche dal Pd, che pure era il secondo pilastro del governo giallorosso, era arrivata nei mesi scorsi la proposta di sospendere il cashback per dirottarne le risorse alla lotta alla crisi economica.
Proprio il carattere generalizzato dei premi agli acquisti tracciabili regolati dalla legge di bilancio 2020 è il punto più debole del cashback all’ italiana. Perché l’ obiettivo del meccanismo è ovviamente quello di combattere l’ evasione favorita dall’ utilizzo del contante; ma a differenza degli esempi stranieri, che concentrano i premi sulle transazioni relative ai settori più a rischio evasione, la via italiana non faceva distinzioni; impattando così profondamente sul rapporto fra costi e benefici della misura, perché molti premi vanno a compensare acquisti che si sarebbero fatti lo stesso con la carta di credito come accade spesso al supermarket o dal benzinaio, e accentuando il rischio di effetti regressivi per il collegamento fra premi e capacità di spesa del singolo interessato. Tutto questo sarà probabilmente rivisto in modo profondo nei prossimi mesi, con una nuova normativa che potrebbe entrare nella legge di bilancio e che senza dubbio si occuperà anche del superpremio riservato ai 100mila italiani che effettuano il maggior numero di pagamenti digitali e che con le regole attuali favoriva i comportamenti opportunisti di chi frazionava i pagamenti per avere più opportunità di intascare l’assegno. Sempreché i sei mesi di stop non si rilevino la premessa per il tramonto definitivo della misura, che libererebbe altri 3 miliardi sul 2022.
( Articolo di Gianni Trovato pubblicato su “Il Sole 24Ore”)
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