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Distribuzione di riserve ai soci

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Le riserve iscritte nel patrimonio netto delle imprese possono rientrare in diverse tipologie, suscettibili di trattamenti molto differenti ai fini delle imposte sui redditi. In generale si distingue tra:

  • riserve di capitale;
  • riserve di utili;
  • riserve in sospensione di imposta.

Per quanto riguarda la prima tipologia (riserve di capitale), la distribuzione non dà luogo a tassazione in capo alla società. Le riserve di utili invece, se distribuite, non danno luogo a tassazione in capo alla società, mentre il soggetto percipiente è tassato al momento dell’incasso secondo le modalità previste per i dividendi.
Le riserve in sospensione di imposta, infine, se distribuite concorrono a formare il reddito della società e sono soggette a imposizione anche in capo ai soci.


All’interno di tale ultima tipologia si distingue tra:

  • riserve tassate solo in caso di distribuzione;
  • riserve tassate in caso di distribuzione o di utilizzo (ad esempio se non ricostruite nell’ipotesi di operazioni straordinarie).


Effetti fiscali

La distribuzione di riserve da parte delle società può causare in capo ai soci le conseguenze reddituali o patrimoniali di cui all’art. 47 del TUIR, in base al quale:

  • se avviene una distribuzione di riserve di utili, i relativi proventi concorrono al reddito imponibile dei soci secondo le regole degli artt. 89, 47 e 44 (relativamente ai soggetti IRES, per il 5% dell’ammontare; relativamente ai soggetti IRPEF esercenti attività di impresa, per il 58,14% dell’ammontare; relativamente ai soggetti IRPEF non esercenti attività di impresa, alla stregua di redditi di capitale, cioè con ritenuta alla fonte del 26% sull’intero ammontare);
  • se si tratta di distribuzione di riserve di capitale, gli stessi proventi non concorrono al reddito ai sensi dell’art. 47 co. 5 TUIR, ma riducono il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione;
  • se disponibili, si considerano prioritariamente distribuiti – rispetto alle riserve di capitale – le riserve di utili e gli utili d’esercizio, per la parte di essi non accantonata in sospensione d’imposta (art. 47 co. 1 TUIR).


Eccedenza sul valore fiscale

In caso di distribuzione di riserve di capitale, se le somme o il valore normale dei beni ricevuti dai soci eccedono il valore fiscalmente riconosciuto delle partecipazioni, secondo quanto chiarito dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate 04.08.2004, n. 36/E (par. 4), l’eccedenza concorre al reddito, per i soggetti IRES e per quelli IRPEF esercenti attività d’impresa, come plusvalenza (eventualmente, se in possesso dei prescritti requisiti, totalmente o parzialmente esente da imposizione); per i soggetti IRPEF non imprenditori, la stessa eccedenza concorre invece integralmente al reddito come utile di capitale (circolare dell’Agenzia delle Entrate 16.06.2004, n. 26/E – par. 3.1; circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 36/E cit. – par. 5).

Riserve di utili

Se ad essere distribuita è una riserva di utili, la distribuzione è soggetta alle norme che disciplinano la distribuzione di dividendi.


Originariamente fissata (all’esordio della “riforma IRES” del 2004) nel 40%, la quota percentuale di imposizione IRPEF per gli utili percepiti da soci persone fisiche in relazione a partecipazioni qualificate è stata elevata, passando dapprima al 49,72%, per gli utili prodotti a partire dall’esercizio successivo a quello in corso al 31.12.2007, e in seguito al 58,14% dell’ammontare del dividendo (D.M. 26.05.2017).


Tale ultima percentuale riguarda gli utili qualificati prodotti a decorrere dall’esercizio successivo a quello in corso al 31.12.2016.


Sempre se i soci percettori sono persone fisiche, si tratta dei soli utili prodotti dalla società nel 2017, dato che a partire dal 2018 la tassazione è stata uniformata per gli utili qualificati e non, con ritenuta a titolo di imposta ed aliquota “fissa” del 26% che grava sul 100% degli utili (cfr. art. 1, co. 1005, L. 27.12.2017, n. 205).


Se invece i soci sono costituiti da “imprese IRPEF”, la tassazione rimane quella ordinaria sul 58,14% del dividendo.


Riserve tassabili

Queste riserve, generalmente, accolgono plusvalori non assoggettati a tassazione (o assoggettati a tassazione in modo parziale), che vengono assoggettati ad imposizione a seguito del verificarsi dell’evento, previsto dalle singole leggi istitutive, che fa cessare lo stato di sospensione.


Le riserve sono di due tipi:

  • tassabili in ogni caso;
  • tassabili solo in caso di distribuzione (si tratta, ad esempio, delle riserve di rivalutazione monetaria).


Per le riserve tassabili del primo “gruppo”, qualsiasi utilizzo fa cessare la sospensione di imposta (non solo la distribuzione ai soci, ma anche l’utilizzo a copertura perdite); per quelle del secondo “gruppo”, invece, solamente la distribuzione ai soci fa cessare lo stato di sospensione e causa l’imposizione.

Riserve in sospensione

“I fondi e le riserve in sospensione d’imposta, quali poste ideali di patrimonio netto, sono quelli per i quali l’imposizione è rinviata al momento in cui ne avviene la distribuzione ovvero a quello in cui si verifica uno dei presupposti che determinano il venir meno del regime di sospensione”. Questa definizione si rinviene nella circolare ministeriale 04.12.1995, n. 310/E.


In determinate ipotesi, codificate dalla normativa, queste riserve vengono utilizzate e si pone il conseguente problema della loro ricostruzione al fine di evitare effetti “realizzativi”, cioè la tassazione (fusioni, scissioni, trasferimento all’estero della sede societaria).

( Articolo di Fabio Carrirolo pubblicato su “Fiscal Focus” )

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