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L’inquadramento fiscale delle somme erogate dalla STP ai propri soci

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Abbiamo già avuto modo di evidenziare in un nostro precedente contributo che la legge istitutiva delle Società tra Professionisti “Società Tra Professionisti” dispone che “E’ consentita la costituzione di società per l’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico secondo i modelli societari regolati dai titoli V e VI del libro V del Codice Civile.”

Il dato normativo richiamato prevede, quindi, che solo i professionisti iscritti ad un ordine professionale possano dar vita ad una delle seguenti società:

1. Società di persone;

2. Società di capitali;

3. Cooperativa (costituite da un numero di soci non inferiore a tre).

Ai fini fiscali, così come chiarito dall’Amministrazione Finanziaria, il reddito prodotto dalle STP è da considerarsi reddito d’impresa così come previsto dagli articoli 6, comma 3 e 81 del T.U.I.R. con la conseguente applicazione del principio di competenza e non quello di cassa (tipico delle attività professionali).

Ma, ai fini fiscali, qual è il giusto inquadramento degli utili distribuiti ai soci?

Questo, ovviamente, dipende a seconda che la STP sia costituita in forma di società di persone, società di capitali che hanno optato per il regime di trasparenza (ex articoli 115 e 116 del Tuir) ovvero società di capitali che non hanno esercitato detta opzione.

Nelle prime due ipotesi, l’utile sconta l’IRPEF direttamente in capo ai soci.

Infatti, mentre è ordinario il regime di tassazione degli utili in trasparenza per le società di persone (indipendentemente dalla effettiva percezione), gli articoli 115 e 116 del TUIR, prevedono l’istituto della “tassazione per trasparenza”, ovvero la possibilità di tassazione del reddito delle società di capitali con diretta imputazione ai soci “pro quota” così come avviene per le società di persone.

Nel caso, invece, di società di capitali che non hanno optato per il regime della trasparenza l’utile è assoggettato ad IRES in capo alla società e i dividendi distribuiti ai soci scontano la ritenuta a titolo di imposta del 26%.

E se le somme corrisposte ai soci della STP non dovessero essere utili?

A questo proposito vanno evidenziati due importanti interventi della prassi amministrativa.

  1. Risposta della Direzione Regionale della Lombardia dell’Agenzia delle Entrate (anno 2017). Nel caso concreto la società contribuente chiedeva indicazioni in merito alla qualificazione, ai fini fiscali, dei compensi che intendeva erogare a due nuovi soci (che avrebbero cessato la loro posizione IVA individuale) a titolo, rispettivamente, di corrispettivo per l’attività professionale svolta per la STP e di compenso per l’attività svolta come consigliere d’amministrazione della medesima società.
  1. Risposta a interpello dell’Agenzia delle entrate n. 128 del 27 dicembre 2018. In questo caso si tratta di una STP, costituita nella forma di società a responsabilità limitata, avente ad oggetto l’esercizio dell’attività di dottore commercialista e la consulenza aziendale. La società intendeva conoscere il “trattamento fiscale di somme che sarebbero state erogate ad alcuni soci (titolari di propria partita IVA) a fronte di contratti di prestazione d’opera intellettuale (ex artt. 2230 e ss. c.c.), ripartite in dodici mensilità e commisurate unicamente alle ore lavorative svolte per la STP (quindi, in modo completamente svincolato sia dal risultato economico della STP, sia dalla quota di partecipazione al capitale posseduta dal singolo socio).”

Per quanto concerne il primo punto la DRE Lombardia, nel ribadire che il reddito prodotto dalla STP è considerato reddito di impresa, ha chiarito che i compensi erogati a fronte dell’attività professionale svolta per la STP “non possono essere considerati redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (ex art. 50, comma 1, lett. c-bis), del Tuir)”.

Infatti, nel caso di STP costituita in forma di società di capitali, il reddito dalla medesima prodotto è tassato in capo alla stessa come reddito di impresa e, in capo ai soci, solo in caso di successiva distribuzione degli utili, come reddito di capitale (ex art. 44, comma 1, lett. e), del Tuir), fatta salva, come precedentemente accennato, la facoltà di esercizio del regime di tassazione per trasparenza, di cui all’art. 116 del Tuir.

Nell’affrontare il secondo tema del punto la DRE Lombardia chiarisce che l’art. 50, comma 1, lett. c-bis), del Tuir prevede che sono tassati come redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, tra gli altri, “le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione agli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica”.

Unica eccezione a tale principio si verifica quando il ruolo di amministratore svolto rientra nei compiti istituzionali oggetto della professione esercitata dal soggetto. Solo in questo caso, i relativi proventi devono essere ricondotti nel reddito di lavoro autonomo derivante dall’attività professionale abitualmente svolta (Cfr Circolare 105/E del 12 dicembre 2001).

L’Amministrazione Finanziaria è ritornata sull’argomento ancora a fine 2018 (Cfr risposta a interpello dell’Agenzia delle entrate n. 128 del 27 dicembre 2018).

In questo caso “La società intendeva conoscere il trattamento fiscale di somme che sarebbero state erogate ad alcuni soci (titolari di propria partita IVA) a fronte di contratti di prestazione d’opera intellettuale (ex art. 2230 e ss. c.c.), ripartite in dodici mensilità e commisurate unicamente alle ore lavorative svolte per la STP (quindi, in modo completamente svincolato sia dal risultato economico della STP, sia dalla quota di partecipazione al capitale posseduta dal singolo socio)”

In tale situazione, l’Agenzia delle entrate ha ritenuto che le somme erogate ai soci professionisti costituivano un corrispettivo per l’attività lavorativa svolta in favore della società dovendosi, viceversa, escludere in base allo statuto della STP che detta prestazione d’opera potesse integrare un conferimento in natura (ex art. 2464 c.c.).

Sotto il profilo fiscale, l’Agenzia delle entrate ha quindi ritenuto che i suddetti corrispettivi vadano qualificati come redditi di lavoro autonomo (ex art. 53 del TUIR), con conseguente necessità di effettuazione, da parte della STP, della ritenuta d’acconto di cui all’art. 25 del D.P.R. n. 600 del 1973.

Il tema della qualificazione fiscale delle somme percepite dai soci della STP viene quindi risolto, in tali documenti di prassi, facendo di volta in volta attento riferimento ai singoli elementi che caratterizzano la fattispecie concreta e che consentono di verificare se trattasi di distribuzione di utili o di pagamento di corrispettivi per l’attività professionale svolta.

( Articolo di Goffredo Giordano (MpO Partners) pubblicato su “Euroconference News )

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