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Elevati finanziamenti dei soci in contanti indicatori di evasione fiscale

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Un ammontare elevato di finanziamenti dei soci in contanti, congiuntamente ad una contabilità inattendibile, possono costituire un quadro probatorio sufficiente a legittimare l’accertamento analitico-induttivo di maggiori ricavi non dichiarati pari all’ammontare dei finanziamenti stessi.

È quanto si evince dall’ordinanza della Corte di Cassazione n. 19780 depositata ieri, il 22.09.2020. Nel caso di specie, una Srl era stata sottoposta a controllo, in esito al quale era emerso che la società aveva ricevuto cospicui finanziamenti in contanti da parte dei soci. L’Amministrazione Finanziaria aveva notificato un avviso di accertamento a carico della società, determinando maggiori ricavi pari all’ammontare dei suddetti finanziamenti. L’avviso di accertamento è stato confermato sia in primo che in secondo grado, sul duplice presupposto dell’incapienza reddituale dei soci e della mancata prova della provenienza della provvista utilizzata per i versamenti.

La società si era difesa adducendo che:

• relativamente dell’incapienza reddituale dei soci non era stata considerata la capacità finanziaria dei soci accumulata nei precedenti periodi d’imposta nonché eventuali operazioni di disinvestimento dei soci;

• la dimostrazione dei finanziamenti da parte dei soci alla Srl era data dalla contabilizzazione degli stessi.

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione del giudice di merito, evidenziato che:

• un quadro contabile inattendibile legittima l’accertamento analitico-induttivo ex articolo 39, comma 1, lettera d), D.P.R. 600/1973;

• l’esiguità reddituale dei soci, non in linea con i finanziamenti effettuati a favore della società, è circostanza idonea a fondare una presunzione di distribuzione di utili extrabilancio;

• la mancanza di motivazioni sostanziali alla base dei finanziamenti dei soci, a prescindere dalla loro capacità finanziaria, può portare a considerare tali somme ricavi in nero.

Per le suddette ragioni, la Suprema Corte ha ritenuto valida la presunzione del Fisco, avanzata in presenza di finanziamenti cospicui dei soci che, oltre ad integrare una inverosimile condotta sistematicamente antieconomica, non possono spiegarsi alla luce delle dichiarate disponibilità patrimoniali dei soci stessi. In sostanza, l’idea avallata dalla Suprema Corte è che i finanziamenti effettuati, non essendo giustificati dalle risorse dei soci e da valide ragioni economiche, provenivano da importi prelevati presso la medesima società. Corretto dunque il recupero di presunti dividendi distribuiti occultamente e senza le ritenute stabilite dalla legge.

( Articolo di Gioacchino De Pasquale pubblicato su “Euroconference News” )

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