Investire in “start-up” innovative: “deal”, “screening” e selezione
Il contatto con l’investitore, la selezione dei progetti imprenditoriali e la selezione delle imprese meritevoli di un approfondimento conoscitivo.
La base di un investimento è la conoscenza da parte dell’investitore dell’esistenza di un’opportunità. Attraverso il D.L. 19 maggio 2020, n. 34, cd. decreto “Rilancio”, sono stati introdotti incentivi all’investimento in start-up innovative, in cui l’investitore beneficia di una detrazione IRPEF, salita al 50 per cento, sull’ammontare dell’investimento e questo aumenterà il numero di deal e di screening in possibili operazioni. Il deal flow, ossia il flusso di opportunità di investimento, può essere generato dai contatti che l’investitore ha con istituzioni accademiche, centri di ricerca pubblici e privati, incubatori e acceleratori, centri trasferimento tecnologico, altri operatori finanziari, network industriale, nonché le candidature spontanee dei potenziali imprenditori. Da un punto di vista operativo, il processo di investimento nel capitale di rischio si esplica in fasi determinate, che vanno dalla scelta del socio istituzionale al disinvestimento della partecipazione.
Premessa
Il processo mediante il quale l’investitore si avvicina all’azienda target e, una volta riconosciuta la qualità del progetto imprenditoriale, apporta il capitale necessario allo sviluppo della società, può essere idealmente suddiviso nelle seguenti fasi:
Fasi attività
1 Contatto con l’investitore
2 Screening
3 Selezione dell’impresa (business plan)
4 Processo di due diligence (lettera di intenti e accordo di riservatezza)
5 Conclusione della trattativa
6 Negoziazione del contratto (statuto – i patti parasociali)
7 Esecuzione del contratto
8 Gestione e monitoraggio (corporate governance)
9 Exit dall’investimento (clausole di covendita)
La tendenza di questi processi nei prossimi mesi aumenterà, in quanto l’investitore può detrarre dall’IRPEF un importo pari al 50 per cento della somma investita nel capitale sociale di una o più start-up innovative, direttamente ovvero per il tramite di organismi di investimento collettivo del risparmio che investano prevalentemente in start-up innovative. L’investimento massimo detraibile non può comunque eccedere, in ciascun periodo d’imposta, l’importo di euro 100.000 e deve essere mantenuto per almeno tre anni. Pertanto, il numero di deal e screening di possibili investimenti aumenterà esponenzialmente. La medesima tendenza si prevede anche per investimenti in start-up innovative. In tale caso, l’investimento massimo detraibile non può eccedere, in ciascun periodo d’imposta, l’importo di euro 300.000 e deve essere, come per gli investimenti in start-up innovative, mantenuto per almeno tre anni. Anche in questo caso, l’eventuale cessione (con un nuovo deal), anche parziale, prima della scadenza del termine, implica la decadenza del beneficio con la sua doverosa conseguente restituzione.
Investire in una “start-up” innovativa
L’investimento in un’azienda in fase seed o start-up costituisce un’operazione complessa, che necessita di molteplici conoscenze da parte dell’investitore. Il processo si articola in più fasi egualmente importanti per il buon fine dell’investimento, partendo dall’individuazione dell’azienda target fino alla selezione della strategia di uscita. Nonostante l’informalità con la quale operano i business angels possa permettere una sequenza di fasi meno rigida rispetto al processo condotto da un venture capitalist, è possibile identificare una serie di operazioni sequenziali che accomuna i rapporti di partnership start-upper-angel. Allo scopo di chiarire le attività svolte dagli investitori informali in capitale di rischio, procederemo alla descrizione delle principali fasi dell’angel investing.
Contatto con l’investitore
Il founder/start-upper di una start-up innovativa, dopo avere individuato e contattato un investitore che potrebbe essere interessato al proprio progetto di sviluppo, gli dovrebbe fare pervenire immediatamente un succinto progetto (definito elevator pitch), preliminare al vero e proprio business plan. Di rado, infatti, la selezione delle proposte parte dall’esame di una documentazione completa fornita dal founder, ma quasi sempre si avvia un colloquio fra le parti e i primi contatti avvengono sulla base di una proposta scarsamente formalizzata. È consigliabile per il founder, dunque, inviare inizialmente una sorta di estratto del business plan, che sintetizzi il piano aziendale, piuttosto che l’intero documento, per aumentare la probabilità di ricevere attenzione e non abusare della disponibilità dell’investitore.
Attenzione
Se il primo contatto non va a buon fine, si può provare con altro investitore. È opportuno però riflettere sui motivi del mancato avvio del colloquio. 3 Il primo contatto tra l’investitore, lo start-upper e il team management aziendale ha normalmente natura informale, ma riveste un’importanza significativa, poiché nella formazione del processo decisionale di intervento rientra necessariamente la valutazione degli uomini chiave della start-up e della loro capacità di adeguarsi all’evoluzione aziendale, condividendo gli obiettivi dell’investitore. Nel caso venga iniziata la trattativa, si deve tenere presente che, generalmente, come tempistica passano dai tre ai sei mesi dal momento della presentazione del business plan alla decisione da parte dell’investitore di finanziarlo. Tali tempi si restringono in funzione della completezza dei dati forniti, nonché dalla complessità del business.
Lo “screening”
Con lo screening vengono selezionati i progetti imprenditoriali potenzialmente interessanti per l’investitore. In realtà, a monte di questa prima fase iniziale, vi è un processo di generazione del deal flow, che ha l’obiettivo di raccogliere le opportunità di investimento. La raccolta avviene attraverso la partecipazione alle “business plan competition”, all’attività di networking fra business angels e fondi seed, ma anche attraverso le autocandidature spontanee provenienti dagli start-upper. La fase di screening solitamente comporta un grande dispendio di tempo da parte del business angel che deve vagliare molteplici idee d’impresa e selezionare quelle che ritiene più promettenti ed adeguate alle proprie caratteristiche. In considerazione del fatto che gli investimenti mediamente effettuati dai business angels non superano i 100.000 euro, soglia al di sopra della quale non potrebbero più beneficiare di una detrazione IRPEF, salita al 50 per cento in base al D.L. 19 maggio 2020, n. 34, c.d. decreto “Rilancio”, sull’ammontare dell’investimento i tempi e costi di selezione e valutazione delle aziende target tendono ad essere i più limitati possibile, allo scopo di non incidere eccessivamente sui ritorni complessivi dell’operazione. La scrematura che viene effettuata in sede di selezione iniziale è normalmente severa e mira ad escludere tutti quei progetti rispetto ai quali l’angel non ha conoscenze specifiche.
Attenzione
Tipicamente, un business angel si concentra, infatti, su investimenti riguardanti i settori nei quali possiede esperienze pregresse.
Oltre l’idonea appartenenza settoriale, le osservazioni effettuate in fase di screening riguardano:
• la composizione del team proponente il progetto e
• la prontezza del mercato nel recepirlo.
L’informal venture capital si basa fortemente sul rapporto che intercorre tra investitore e founder; per questo gli angel normalmente ricercano team competenti e leali, con i quali potere istaurare una buona relazione. Ovviamente, la scarsità di informazioni, dovuta sia alle difficoltà delle start-up nel diffondere informazioni potenzialmente in grado di minacciarne il vantaggio competitivo, sia alla natura preliminare del contatto angel-start-upper, rende complesso comprendere pienamente il potenziale insito nei progetti, aumentando le difficoltà di screening. Quanto detto induce a comprendere quanto possa essere raro l’incontro tra la domanda e l’offerta di capitale di rischio nelle fasi early stage. Al fine di ovviare a questo problema, negli ultimi anni si è assistito ad un crescente supporto alle operazioni di screening, ad opera dei network di business angels. L’associazione di angels in network consente infatti di effettuare una selezione iniziale dei progetti imprenditoriali centralizzata; lo screening viene effettuato grazie all’impiego di figure professionali specificamente dedicate, che seguono criteri di giudizio comuni. L’organizzazione in network inoltre, permette di valicare il limite dell’investimento circoscritto a determinati settori, caratterizzante lo screening svolto da un unico investitore. Riunire all’interno di un’unica associazione più angels consente, infatti, di sviluppare una commistione di competenze, utile ad ampliare la copertura di settori sui quali potere affrontare un investimento. La tutela della proprietà intellettuale assume chiaramente notevole importanza anche per i business angels, che, approcciandosi verso l’investimento in una start-up nelle prime fasi di sviluppo, hanno pieno interesse affinché essa mantenga il possesso esclusivo di quelle informazioni in grado di fornirle un vantaggio competitivo rispetto ai competitor. La divulgazione, anche parziale, dei contenuti di progetti imprenditoriali, nel corso di congressi o all’interno di articoli specializzati, rende difficoltosa la tutela della proprietà intellettuale e potrebbe inficiare la capacità brevettuale. Infine, è ritenuto sempre più rilevante approcciare i progetti che contengono una strategia di way-out ben definita. L’investitore ha la necessità di effettuare una selezione delle diverse idee imprenditoriali o startup in cui può investire. Non esistono dei criteri standard e formalizzati per scegliere l’impresa target, ma ci sono alcune caratteristiche fondamentali, che fanno in modo che l’investitore tenda a privilegiare un’idea imprenditoriale piuttosto che un’altra.
L’investitore, in particolare, tenderà a privilegiare:
• validi progetti di sviluppo e con prospettive di crescita, sia dimensionale, che reddituale. Si tratta quindi di start-up con un prodotto/servizio di successo, caratterizzato ( per continuare a leggere l’articolo, clicca qui)
( Articolo di Gerardo Urti, pubblicato su “Circolare My Solution” )