Imparare a cadere per poi rialzarsi meglio
Sia la vita privata che quella lavorativa ci mettono costantemente sotto pressione, senza considerare il peso degli imprevisti. Spesso ci perdiamo in inutili dubbi esistenziali. Come reagire? Allenandoci al cambiamento per diventare resilienti. Nel quotidiano, capita sovente di sentirsi schiacciati dal peso della responsabilità.
A volte sopraggiunge un senso di colpa per la condanna del nostro assistito e quel pensiero che ci rode come un tarlo, continua a domandarci se abbiamo fatto tutto il possibile. Non di rado, ci sentiamo traditi da quel cliente che ci ha appena comunicato la volontà di cambiare professionista perché deve risparmiare: ”Ma com’è possibile? L’abbiamo servito con dedizione per tanti anni. Assurdo”, replichiamo. Sono esempi reali in cui ci sentiamo letteralmente annichiliti, demotivati, feriti, arresi, impotenti e privi delle giuste e necessarie capacità per affrontare l’evento che si consuma davanti a noi.
E se provassimo a reagire? Decidendo di prendere la rincorsa e con slancio, superare questo ostacolo deprimente che ci attanaglia? Tutti siamo coscienti che ogni grande cambiamento parte sempre dal cambiare prima noi stessi. Se osservato dall’esatta angolatura, ogni evento in realtà contiene in sé la chiave per la sua risoluzione e uno o più insegnamenti preziosi che ci consentono di crescere, fortificarci, migliorare come essere umani e come professionisti. Ecco che allora viene in nostro aiuto una parola magica: resilienza.
Quella forza necessaria per affrontare le avversità della vita, reagire con flessibilità, riprenderci dalle sofferenze. Spesso ci chiediamo dove altri abbiano trovato la forza per reagire a un grave problema sul lavoro, e come avremmo agito al loro posto (magari dubitando di noi, sottovalutando le nostre possibilità). Non sempre la riposta è positiva ma, nonostante ciò, quando è il nostro turno le risorse da qualche parte le troviamo: infatti albergano dentro di noi e ce ne accorgiamo quando ne abbiamo urgente bisogno. La cosa positiva allora qual è?
E’ che dobbiamo far emergere queste qualità in qualsiasi momento della nostra vita, senza attendere che qualcosa di traumatico possa colpirci. Se si pensa che le cose possano sempre peggiorare, come accade per i pessimisti, vi saranno ben poche prospettive di miglioramento per il futuro. Se invece si adotta un pensiero fiducioso, se si riconosce e accetta che tutto cambia, che come ci sono aspetti negativi, ce ne possono essere altrettanti positivi, si apriranno le porte del miglioramento esistenziale. L’ottimismo è il fattore cardine che alimenta la resilienza.
Non è altro che una modalità di pensiero che accetta i limiti, i disagi, le sfide da affrontare, ma lo fa in un’ottica di opportunità, di crescita personale. Coltivare dentro di noi la fiducia e la speranza che tutto è mutevole, che tutto ha un inizio e una fine, essere realisti sapendo che in ogni cosa c’è il rovescio della medaglia, ci consente di diventare liberi interiormente. In realtà tutti abbiamo risorse, spesso però non ne siamo consapevoli. Solo quando gli eventi richiamano la nostra attenzione, allora tali risorse appaiono come per incanto.
Allenarci ed educarci alla flessibilità, significa porsi una domanda:”Cosa c’è di buono in quello che mi sta accadendo?” In questo modo, l’attenzione sarà diretta nell’individuare i punti di forza, alimentando la nostra resilienza. Nelle difficoltà, troveremo agevolmente la vitalità per reagire, rafforzandoci e apprendendo la lezione profonda che tale evento ha comportato per noi.
Un errore non è un fallimento totale, anzi, abbiamo imparato qualcosa in più: cadere e rialzarsi non è da tutti. Forza!
( Articolo di Antonio Di Giura pubblicato su “Ratio Mattino”)