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Accesso al forfettario: i limiti dopo la stretta

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Perimetro. Mef ed Entrate: dal 1° gennaio 2020 stop a chi ha redditi di lavoro dipendente e assimilati per oltre 30mila euro nel 2019. Per chi apre la partita Iva sarà più difficile da quest’anno accedere al forfait.

La nuova causa ostativa per l’accesso al regime forfettario determinata dal possesso di redditi di lavoro dipendente e assimilati oltre soglia 30.000 euro si applica dal 1° gennaio 2020 con riferimento ai redditi percepiti nel 2019. È quanto chiariscono Mef ed agenzia delle Entrate rispettivamente con la risposta all’interrogazione parlamentare del 5 febbraio 2020 numero 5-03471, (nonché quella del 13 febbraio 2020 numero 5-03575) e con la risoluzione numero 7 dell’11 febbraio 2020.

Si conclude, dunque, con un nulla di fatto, il fervente dibattitto che si era venuto a creare a margine dell’approvazione della legge di Bilancio 2020 (160/2019), in merito all’entrata in vigore delle modifiche sul regime forfettario ed in particolare sulla decorrenza di applicazione della nuova lettera d – ter dell’articolo 1 comma 57 della legge 190/2014. Il tutto con buona pace di coloro che speravamo nel rinvio al 2020 della valutazione del nuovo limite con effetti sull’utilizzabilità nel regime forfetario della nuova causa ostativa applicabili a partire solo dal 1° gennaio 2021.

Il limite di reddito Pertanto i contribuenti, titolari di partita Iva in regime forfettario che nel 2019 hanno superato il limite di 30.000 euro di redditi di lavoro dipendenti o a questi assimilati (articoli 49 e 50 del Tuir) dovranno attrezzarsi fin da subito per gestire il passaggio al regime ordinario (o semplificato) non potendo più di fatto poter beneficiare delle agevolazioni previste con il regime di forfait. Allo stesso modo i lavoratori dipendenti o pensionati che, in costanza di rapporto di lavoro, avevano programmato di aprire partita Iva nel corso del 2020 dovranno per forza rivedere i propri piani se il reddito di cui agli articoli 49 e 50 del Tuir ha superato nel 2019 la soglia dei 30.000 euro.

Va comunque puntualizzato che, nonostante l’introduzione delle cause ostative di cui alle lettere d-bis) e d-ter) dell’articolo 1 comma 57 della legge 190/2014, non vi è, in linea di principio, incompatibilità assoluta fra lo svolgimento contestuale di un’attività autonoma in regime forfetario e quello di un rapporto di lavoro dipendente. Infatti, gli unici paletti che devono essere rispettati riguardano il fatto che l’attività autonoma non deve essere svolta in via prevalente nei confronti del medesimo datore di lavoro (o di soggetti a questo riconducibili) e i redditi di lavoro dipendente non devono essere superiori a 30.000 euro.

In questo contesto, così come ad oggi definito dalla legge di Bilancio 2020, dovrebbero tornare utili tutti i chiarimenti già forniti dalle Entrate con la circolare 10/E/2016. In quella sede l’Agenzia aveva chiarito che il limite di 30.000 euro non opera se il rapporto di lavoro dipendente è stato cessato nel corso dell’anno precedente (esempio che riportato ai giorni nostri, significa per il 2019). Le condizioni Tuttavia in questo caso si ricorda che, il regime può essere mantenuto e/o intrapreso se nel medesimo anno non è stato percepito un reddito di pensione che, in quanto assimilato al reddito di lavoro dipendente, assume rilievo, anche autonomo, ai fini del raggiungimento della citata soglia.

In secondo luogo la circolare evidenzia, altresì che ai fini della non applicabilità della causa di esclusione in commento rilevano solo le cessazioni del rapporto di lavoro intervenute nell’anno precedente (esempio 2019 per l’accesso dal 2020) a quello di applicazione del regime forfetario.

( Articolo di Mario Cerofolini e Lorenzo Pegorin pubblicato su “Il Sole 24ore” )

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