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L’aliquota IVA su consegna e su cessione dei cibi da asporto

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Nel settore della somministrazione di alimenti e bevande bisogna sempre definire in modo preciso a quale tipo di prestazione ci troviamo davanti per poter identificare l’aliquota IVA da applicare. Nello specifico dobbiamo capire se i cibi sono consumati nel locale oppure venduti per l’asporto.

La somministrazione all’interno di un pubblico esercizio di alimenti e bevande se consumata in loco è da considerare come una prestazione di servizi ed è sottoposta all’aliquota agevolata del 10 % su tutti i prodotti, indifferentemente dall’aliquota di acquisto. La cessione di prodotti alimentari fatta sempre da pubblici esercizi ma per cibi da asporto deve invece scontare l’IVA riferita al singolo prodotto, e quindi all’interno di una stessa vendita possono esserci prodotti con aliquote diverse. Il 22 febbraio 2019 l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato il principio di diritto n. 9 intitolato “Aliquota IVA applicabile alla cessione e somministrazione di alimenti e bevande” in cui ha ribadito quanto ormai consolidato da molto tempo nella dottrina e nella giurisprudenza, anche dalla Corte di Giustizia europea. L’aliquota IVA applicabile alla cessione di beni alimentari, venduti come cibi da asporto può essere diversa da quella applicabile da coloro che fanno somministrazione in pubblici esercizi per la consumazione sul posto. La somministrazione all’interno di un pubblico esercizio se consumata in loco è da considerare come una prestazione di servizi ed è sottoposta all’aliquota agevolata del 10%.

La cessione di prodotti alimentari fatta sempre da pubblici esercizi ma da asporto deve invece scontare l’IVA riferita al singolo prodotto, e quindi all’interno di una stessa vendita possono esserci prodotti con aliquote diverse (ad esempio pizza IVA 10%, bibita IVA 22% e frutta IVA 4%).

Noi aggiungiamo che a volte l’aliquota può coincidere (nei due casi prospettati, un esempio può essere la vendita della pizza. La pizza sia per il consumo in un ristorante sia per il consumo tramite asporto comporta sempre un’aliquota IVA del 10%, per due riferimenti diversi alla stessa tabella la n. 121 e la n. 68 della parte III, Tabella A, allegata al D.P.R. n. 633/1972).

L’introduzione dei Corrispettivi elettronici e il crescente sviluppo delle App che permettono ai consumatori di ordinare da casa i pasti direttamente dai propri ristoranti preferiti, ha probabilmente spronato l’amministrazione finanziaria a far tornare di attualità questo tema, cioè quale aliquota Iva bisogna applicare ai pranzi da asporto.

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( Articolo di Maurizio Mantani pubblicato su Circolare n. 42-2019 Ipsoa Inform@Mail)

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