Tre forme di testamento Non si può ledere la legittima
Se non ci sono disposizioni il patrimonio passa prima ai parenti più stretti Quando si parla di passaggio generazionale di patrimoni, la prima considerazione che occorre compiere è quella di comprendere, in ogni caso concreto che occorre gestire, cosa accadrebbe se nessuna strumentazione giuridica venisse apprestata prima del decesso della persona della cui successione si ragiona (il de cuius).
In altre parole, si tratta di comprendere quale sorte avrebbe il patrimonio del de cuius ove esso non fosse trasmesso ai suoi successori anteriormente al suo decesso. Ebbene, se il de cuius non pone in essere alcuna strategia di passaggio generazionale, succede che la devoluzione del suo patrimonio è regolata dalle norme del Codice civile che disciplinano la successione a causa di morte. In questo ambito, il primo snodo fondamentale è quello di verificare se il ci sia un testamento e, nel caso in cui sia stato confezionato, se esso concerne l’intero suo patrimonio o solo una parte di esso. Infatti, nel caso in cui non vi sia un testamento oppure vi sia bensì un testamento, ma che non disponga dell’ intero patrimonio del de cuius, la devoluzione del suo patrimonio è affidata alle norme in tema di successione legittima, vale a dire alle regole con le quali è disciplinata, nel Codice civile, l’ individuazione dei soggetti che possono succedere al de cuius il quale, appunto, non abbia disposto delle sue sostanze con un testamento (se ne accettano l’eredità) nonché le quote spettanti a ciascuno di essi nel caso non si tratti di una sola persona ma di una pluralità di persone. Il testamento può essere essenzialmente di tre tipi: il testamento olografo, che è quello scritto per intero dal testatore con la sua calligrafia il quale, per essere valido, deve recare la data e la firma autografa del de cuius; il testamento pubblico, che è quello redatto dal notaio il quale riceve le volontà ereditarie del de cuius in presenza di due testimoni; e il testamento segreto, che è quello consegnato in busta chiusa al notaio il quale redige un verbale di ricevimento del plico che il testatore gli consegna. Se dunque vi è un testamento, è alle sue disposizioni che occorre far riferimento per derivarne chi sono i successori del de cuius e quanto del patrimonio del de cuius spetta a ciascuno di essi. Ovviamente, si deve trattare di un testamento valido (ad esempio, non sarebbe valido un testamento olografo scritto “a macchina”) e, inoltre, di disposizioni di ultima volontà che non ledano la cosiddetta quota di legittima. La legittima è la parte del patrimonio del de cuius che è necessariamente riservata ai suoi stretti famigliari (il coniuge o l’ unito civile superstite, i discendenti e, in mancanza di discendenti, gli ascendenti). La legittima si calcola applicando una determinata percentuale al risultato che si ottiene sommando il valore del patrimonio che il de cuius abbia donato durante la propria vita e il valore del patrimonio di cui egli è titolare al momento del decesso: pertanto, ad esempio, ipotizzando il de cuius che deceda lasciando a sé superstiti il coniuge e tre figli e ipotizzando pure che il de cuius abbia donato alla sua colf un bene di valore 90 (il valore delle donazioni deve essere attualizzato al momento della successione) e abbia lasciato in eredità denaro di valore 150, la quota di legittima spettante al coniuge è di (90 + 150 : 4) = 60 mentre la quota di legittima spettante a ciascuno dei figli è pari a (90 + 150 : 4 x 2 : 3 =) 40. Qualora invece la successione ereditaria non sia governata (in tutto o in parte) da un testamento, la legge presume che il de cuius, non lasciando un testamento, abbia voluto significare di voler trasmettere il suo patrimonio ai parenti più stretti: e così, all’ eredità vengono chiamati anzitutto il coniuge e i discendenti del de de cuius; se mancano discendenti, l’ eredità compete (in concorso con il coniuge del de cuius) a fratelli e sorelle del de cuius e ai suoi ascendenti. Se invece non esista alcuno di detti soggetti, l’ eredità è offerta agli altri parenti de de cuius, con due principali regole: la presenza di un parente di grado più prossimo al de cuius (ad esempio: uno zio) esclude dalla successione i parenti di grado più remoto (ad esempio, i cugini del de cuius) e, inoltre, in caso di presenza di una pluralità di parenti in pari grado, l’eredità si suddivide tra costoro “per teste”. Questa ricerca del parente di grado più prossimo non va però all’ infinito: infatti la legge detta la norma per la quale se il defunto non lascia parenti entro il sesto grado, l’eredità è devoluta allo Stato, per la ragione che una così grande lontananza di grado fa presumere che si tratti di parenti con i quali il de cuius nemmeno si conoscesse o, comunque, con i quali non avesse rapporti.
( Articolo di Angelo Busani pubblicato su “Il Sole 24 ore” )