Lavorare da disoccupati, ebbene sì
Il nostro ordinamento attribuisce lo stato di disoccupazione a quei lavoratori che, privi di impiego e in possesso di determinati requisiti contributivi, dichiarino, nelle forme previste dalla legge, la propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa, nonché alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro concordate coi Centri per l’impiego.
Grazie al concorso di tali elementi è possibile accedere agli strumenti di sostegno del reddito e iscriversi nell’elenco tenuto dai servizi per il collocamento mirato. Tuttavia, la recente normativa che ha istituito il reddito di cittadinanza ha posto nuovi interrogativi sulla conservazione o la perdita di tale status in concomitanza con lo svolgimento di piccole e saltuarie attività lavorative. Per tali ragioni l’ANPAL (Agenzia Nazionale Politiche Attive Lavoro) ha emanato la circolare 23.07.2019, n. 1 con l’intento di fornire chiarimenti ai dubbi interpretativi sul punto, con particolare riguardo alla possibilità di fruire dei suddetti benefici in quelle situazioni caratterizzate dalla percezione di un piccolo reddito. Quest’ultimo viene calcolato, rispettivamente, in € 8.145,00 e € 4.800,00, a seconda che si tratti di lavoro dipendente o lavoro autonomo. Sono le due soglie massime al di sotto delle quali è possibile restare disoccupati. Correlata alla conservazione, vi è la sospensione dello stato di disoccupazione, che ricorre in caso di stipula di contratto a tempo determinato non superiore a 6 mesi. La circolare specifica che le due fattispecie non possono concorrere simultaneamente, nel senso che un lavoratore non può essere sospeso dal beneficio in questione e, al tempo stesso, conservarlo. Inoltre, viene introdotto un meccanismo automatico di sospensione dal rapporto di lavoro fino a un massimo di 180 giorni continuativi dalla sottoscrizione di un contratto subordinato, decorsi i quali l’interessato decade dallo stato di disoccupazione solo se la retribuzione supera il citato limite di € 8.145,00 annui.
È opportuno rilevare che tale importo va inteso in termini prospettici, vale a dire con riferimento alla sua potenziale idoneità a superare nell’anno il reddito massimo. In caso di contratto a chiamata, valgono le medesime considerazioni solo per quel che concerne la conservazione dello stato di disoccupazione (non si deve cioè sforare il tetto di € 8.145,00). Per quanto riguarda, invece, la sospensione, è necessario fare una distinzione a seconda se sia previsto o meno l’obbligo di risposta. Poiché vengono computati solo i periodi di lavoro effettivo, la sospensione opera solo per quelle fattispecie in cui è prevista la corresponsione dell’indennità di disponibilità. Da segnalare, infine, la possibilità di mantenere lo stato di disoccupazione anche nel caso si stia svolgendo un tirocinio extracurriculare, un lavoro socialmente utile o di pubblica utilità. La ragione è evidentemente da ricondurre al fatto che in tali ipotesi non si determina l’instaurazione di un rapporto di lavoro.
( Articolo di Giovanni Pugliese pubblicato su “Ratio Quotidiano” )